Il territorio

Lollove, il misterioso borgo di Nuoro

Secondo la tradizione, Lollove, originariamente chiamato Loy, venne fondato da un pastore sardo che si unì in matrimonio con una suora del posto. Proprio le dicerie relative alle unioni tra i pastori sardi e le monache, fecero infuriare le suore del monastero di Santa Maddalena che, per ribellarsi all'accusa di carnalità, lanciarono una maledizione sul borgo di Lollove gridando "Lollove, sarai come acqua del mare: non crescerai e non morirai mai". E così fu, dall'antichità ad oggi il borgo di Lollove è rimasto immutato senza espansione né avvicinamento alle modernità, una paesino d'altri tempi, senza acqua potabile né linee telefoniche né servizi pubblici essenziali.
Il nome del borgo deriva dal dialetto sardo "lòbe" che significa ghianda in quanto nella zona, da sempre, l'unica attività lavorativa praticata è l'allevamento dei suini.</p>

Lollove, come visitare il borgo
Chi si reca a Lollove, potrà passeggiare tra i vicoli e le stradine del piccolo borgo, assaporando l'atmosfera di un luogo senza tempo, lontano dalle modernità e dalle comodità.
L'unico modo per raggiungere Lollove è in macchina, attraverso una stradina tortuosa che porta ai margini del paesino: non ci sono infatti stazioni ferroviarie se non un bus che collega Lollove a Nuoro con sole due corse al giorno.
Una volta giunti nel borgo, si incontreranno le tipiche costruzioni sarde rurali in pietra, alcune rovine di abitazioni dei pastori sardi di un tempo, alcune addirittura di epoca medievale, le rovine del monastero, un piccolo cimitero abbandonato e la chiesa parrocchiale di Santa Maddalena in cui la messa è celebrata solo di domenica da un prete del capoluogo.


Non ci sono ristoranti né negozi né locali; non ci sono uffici pubblici, forze dell'ordine né alcun tipo di servizio.
I turisti rimangono però affascinati dall'atmosfera che si respira, quella di un paese quasi disabitato, lontano da ogni servizio e comodità. Un borgo che ha affascinato anche il premio Nobel per la letteratura,Grazia Deledda, che ha ambientato proprio qui il suo romanzo intitolato La Madre.

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